Anticamente gli Indios abitavano nel Cielo e nessuno di essi conosceva la Terra. Un giorno, un cacciatore si imbatté in un armadillo e cominciò ad inseguirlo, avvicinandosi sempre più alla preda.
Vistosi quasi raggiunto, l'animale cercò di guadagnare la tana e, riuscitovi, vi si infilò fino a raggiungere il fondo. L'indio non si perse d'animo e cominciò a scavare con decisione. Scavò giorno e notte finché non riuscì ad agguantare l'armadillo; ma proprio mentre stava per cantar vittoria, il fondo dei cunicolo si apri e solo per miracolo l'indio riuscì ad aggrapparsi con tutte le sue forze al ciglio della voragine che si era aperta sotto di lui.
Così rimase a dondolare nel vuoto per qualche tempo, paralizzato dalla paura prima, sbalordito dalla visione sottostante subito dopo. Ai suoi occhi meravigliati si presentò uno spettacolo di indescrivibile bellezza: uno sconfinato arcobaleno, fatto di tante sfumature di verde, di cui non si riusciva a vedere né l'inizio, né la fine. Allora, riavutosi dalla sorpresa, corse subito a chiamare i compagni che lo seguirono incuriositi e restarono attoniti a osservare sul bordo della voragine. Dall'arcobaleno verde si sprigionava un calore che giungeva fino a loro impregnato di mille odori nuovi, mentre l'aria era attraversata dal canto di una miriade di uccelli che continuavano a richiamarsi l'un l'altro da ogni angolo di questo sconfinato verde, mentre le farfalle svolazzavano tranquillamente posandosi sui fiori colorati. Capirono allora che l'arcobaleno era la grande foresta. I fiumi chiari si alternavano a quelli scuri: quando le loro acque si mescolavano, il colore acquistava sfumature di incomparabile bellezza. I pesci erano così numerosi da non trovare quasi posto in acqua, così che ogni tanto si vedevano saltare qua e là. Gli alberi erano ricurvi, malgrado non soffiasse alito di vento: capirono che a curvare i rami era il peso della frutta profumata, raccoltasi in
modo abbondante. Pensarono che, se tanta era la frutta, altrettanto ricca doveva essere la selvaggina. Gli Indios si guardarono tra loro sbigottiti e, senza esitare, si mostrarono subito desideros
i di dare maggiore serenità al loro futuro. Decisero così di lasciare la loro dimora, il Cielo, per scendere e abitare sulla Terra: ma come fare? Il Consiglio degli anziani si riunì e decise di fare una fune, unendo tra loro tutti i bracciali e le collane della tribù: ne risultò un filo robusto che, con l'aiuto di tutti arrivò a una lunghezza sufficiente per raggiungere la Terra. Fu così che pian piano gli Indios cominciarono a scendere, aggrappati alla fune. La maggior parte raggiunse la Terra e si sparpagliò nella foresta per popolarla. Qualcuno, invece, non convinto della visione e, presagendo che la vita su questa Terra non sarebbe stata così bella come appariva, decise di restare lassù. Quando quasi tutti i guerrieri furono scesi sul pianeta, un bambino dispettoso passò vicino alla fune e, con un coltellino, tagliò il filo, di modo che a nessuno fù più possibile scendere sulla terra.
Così, nel cielo rimasero alcuni Indios e i loro fuochi si notano ancora oggi nella notte: sono le stelle..."
Vistosi quasi raggiunto, l'animale cercò di guadagnare la tana e, riuscitovi, vi si infilò fino a raggiungere il fondo. L'indio non si perse d'animo e cominciò a scavare con decisione. Scavò giorno e notte finché non riuscì ad agguantare l'armadillo; ma proprio mentre stava per cantar vittoria, il fondo dei cunicolo si apri e solo per miracolo l'indio riuscì ad aggrapparsi con tutte le sue forze al ciglio della voragine che si era aperta sotto di lui.
Così rimase a dondolare nel vuoto per qualche tempo, paralizzato dalla paura prima, sbalordito dalla visione sottostante subito dopo. Ai suoi occhi meravigliati si presentò uno spettacolo di indescrivibile bellezza: uno sconfinato arcobaleno, fatto di tante sfumature di verde, di cui non si riusciva a vedere né l'inizio, né la fine. Allora, riavutosi dalla sorpresa, corse subito a chiamare i compagni che lo seguirono incuriositi e restarono attoniti a osservare sul bordo della voragine. Dall'arcobaleno verde si sprigionava un calore che giungeva fino a loro impregnato di mille odori nuovi, mentre l'aria era attraversata dal canto di una miriade di uccelli che continuavano a richiamarsi l'un l'altro da ogni angolo di questo sconfinato verde, mentre le farfalle svolazzavano tranquillamente posandosi sui fiori colorati. Capirono allora che l'arcobaleno era la grande foresta. I fiumi chiari si alternavano a quelli scuri: quando le loro acque si mescolavano, il colore acquistava sfumature di incomparabile bellezza. I pesci erano così numerosi da non trovare quasi posto in acqua, così che ogni tanto si vedevano saltare qua e là. Gli alberi erano ricurvi, malgrado non soffiasse alito di vento: capirono che a curvare i rami era il peso della frutta profumata, raccoltasi in
modo abbondante. Pensarono che, se tanta era la frutta, altrettanto ricca doveva essere la selvaggina. Gli Indios si guardarono tra loro sbigottiti e, senza esitare, si mostrarono subito desideros
i di dare maggiore serenità al loro futuro. Decisero così di lasciare la loro dimora, il Cielo, per scendere e abitare sulla Terra: ma come fare? Il Consiglio degli anziani si riunì e decise di fare una fune, unendo tra loro tutti i bracciali e le collane della tribù: ne risultò un filo robusto che, con l'aiuto di tutti arrivò a una lunghezza sufficiente per raggiungere la Terra. Fu così che pian piano gli Indios cominciarono a scendere, aggrappati alla fune. La maggior parte raggiunse la Terra e si sparpagliò nella foresta per popolarla. Qualcuno, invece, non convinto della visione e, presagendo che la vita su questa Terra non sarebbe stata così bella come appariva, decise di restare lassù. Quando quasi tutti i guerrieri furono scesi sul pianeta, un bambino dispettoso passò vicino alla fune e, con un coltellino, tagliò il filo, di modo che a nessuno fù più possibile scendere sulla terra.
Così, nel cielo rimasero alcuni Indios e i loro fuochi si notano ancora oggi nella notte: sono le stelle..."
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